Una riflessione sul senso del tempo che viviamo

Un altro anno si avvia a conclusione, mentre ne attendiamo uno nuovo: con la trepidazione, i desideri e le attese di sempre. Se si pensa all'esperienza della vita, si rimane stupiti di quanto in fondo essa sia breve e fugace. Per questo non poche volte siamo raggiunti dall'interrogativo: quale senso possiamo dare ai nostri giorni? Quale senso, in particolare, possiamo dare ai giorni di fatica e di dolore? Questa è una domanda che attraversa la storia e il cuore di ogni generazione e di ogni essere umano.
Ma a questa domanda c'è una risposta: è scritta nel volto di Gesù che è nato a Betlemme e che oggi è il Vivente, per sempre risorto da morte. Nel tessuto dell'umanità lacerato da tante ingiustizie, cattiverie e violenze, irrompe in maniera sorprendente la novità gioiosa e liberatrice di Cristo Salvatore, che nel mistero della sua incarnazione e della sua nascita ci fa contemplare la bontà e la tenerezza di Dio. Dio eterno è entrato nella nostra storia e rimane presente in modo unico nella persona di Gesù, il suo Figlio fatto uomo, il nostro Salvatore, venuto sulla terra per rinnovare radicalmente l'umanità e liberarla dal peccato e dalla morte, per elevare l'uomo alla dignità di figlio di Dio. La vita cristiana non richiama solo il compimento storico di questa verità che ci riguarda direttamente, ma, in modo misterioso e reale, ce la dona di nuovo. 
Da quando il Salvatore è disceso dal Cielo, l'uomo non è più schiavo di un tempo che passa senza un perché, o che è segnato dalla fatica, dalla tristezza, dal dolore. L'uomo è figlio di un Dio che è entrato nel tempo per riscattare il tempo dal non senso o dalla negatività e che ha riscattato l'umanità intera, donandole come nuova prospettiva di vita l'amore, che è eterno.
La Chiesa vive dentro questa verità e vuole esserne testimone. Abbiamo tanti motivi di ringraziamento al Signore. l discepoli di Cristo sono chiamati a far rinascere in se stessi e negli altri la nostalgia di Dio e la gioia di viverlo e di testimoniarlo, a partire dalla domanda sempre molto personale: perché credo? Occorre dare il primato alla verità, accreditare l'alleanza tra fede e ragione come due ali con cui lo spirito umano si innalza alla contemplazione della Verità; rendere fecondo il dialogo tra cristianesimo e vita quotidiana; far riscoprire la bellezza e l'attualità della fede non come atto a sé, isolato, che interessa qualche momento della vita, ma come orientamento costante, anche delle scelte più semplici, che conduce all'unità profonda della persona rendendola giusta, operosa, benefica, buona. Si tratta di ravvivare una fede che fondi un nuovo umanesimo capace di generare cultura e impegno sociale. Alla celebrazione del ringraziamento di fine anno è annessa l'indulgenza plenaria ai fedeli che vi parteciperanno alle solite condizioni stabilite dalla Chiesa (Confessione e Comunione sacramentale, preghiera secondo le intenzioni del Pontefice).
Invochiamo la misericordia del Signore perché l'anno che si apre possa essere foriero di pace, gioia, salute e benessere spirituale e materiale.

Don Mario

 

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